28/09/2022 10:52
La domanda che il mondo del futsal italiano si pone in queste ore è capire fino a che punto si arriverà con la battaglia sulla riforma messa in piedi sin dalla scorsa primavera da Kakà e Pozzi e sostenuta da una consistente fetta dei giocatori “non formati” presenti in Italia. Alle 14 di oggi, infatti, la querelle sbarca nelle aule del CONI, con i componenti del Collegio di Garanzia dello Sport che saranno chiamati a prendere una decisione estremamente indicativa per quelli che saranno i destini di questa sfida che ha già vissuto due appuntamenti endofederali al Tribunale Federale Nazionale e alla Corte Federale d’Appello, la quale ha in parte smentito le determinazioni di primo grado del TFN giudicando ammissibili le iniziative dei due giocatori, attualmente tesserati per il Petrarca Padova e per il Futsal Cornedo. Ma che evidentemente rappresentano quella folta schiera di calciatori che hanno subito un danno, sia sociale che occupazionale, dall’entrata in vigore della riforma e che sperano in una correzione di quel provvedimento adottato con la delibera 772 che di fatto azzoppa una rilevante componente agonistica del nostro futsal.
In verità, facendo un passo indietro, la decisione della Divisione Calcio a 5 di fare una prima correzione sui numeri della riforma, elevando di un’unità l’impiego dei giocatori non formati nel campionato di Serie A, non è stata affatto vista come una concessione davanti alla pressione esercitata dai club della stessa Serie A, ma un atto di debolezza che potrebbe per taluni scalfire la fondatezza delle motivazioni per le quali è stato attuato questo inaccettabile giro di vite, i cui effetti si cominceranno a vedere sul piano tecnico sin dalle prime giornate dei campionati nazionali, quando ci si renderà conto che il taglio dei giocatori non formati in Italia produrrà un chiaro e inevitabile arretramento dei livelli di competitività dei roster di quelle squadre che hanno sempre puntato sulle forze “oriunde” per alzare i valori dei propri organici mirando a perseguire obiettivi sempre di maggior prestigio.
L’intenzione dei ricorrenti è quella di portare il Collegio di Garanzia dello Sport del CONI a decidere per la revisione sostanziale della delibera 772 con la quale la Divisione Calcio a 5 ha istituito la riforma, che sin dal momento del suo parto ha rappresentato una evidente limitazione all’impiego di quella categoria dei giocatori italiani (ma non formati in Italia) che hanno portato il futsal azzurro a primeggiare a livello europeo e mondiale, ora vittime di un taglio senza logica, giustificato dalla necessità di aumentare la quota di italiani e formati da utilizzare nei campionati nazionali, senza però pianificare e rendere attuabile un progetto sul quale fondare questo processo tecnico-strutturale. E se le società hanno dovuto adeguarsi in attesa che le regole possano essere corrette, questo non vuole affatto dire che la partita ha già visto decretare l’esito conclusivo, anzi, la vera sfida inizia proprio adesso che la contesa si sposterà al di fuori dei terreni della giustizia federale.
Ed è proprio dalle “toghe” del Collegio olimpico che ci si attende la risposta concreta ad un provvedimento riformistico che si sarebbe potuto tranquillamente approcciare con altri metodi, concertando il processo di trasformazione con le società (a tutti i livelli) e i tesserati, attraverso tempistiche tali da consentire un passaggio graduale al nuovo sistema, evitando di fatto quel terremoto riorganizzativo che ha creato evidenti difficoltà ai club operanti soprattutto nei distretti a maggior complicazione demografica. L’aspettativa fondata è che il CONI, che ha introdotto la direttiva 1276 del 2004, proprio con lo scopo di garantire l’impiego di almeno il 50% dei componenti le liste di gara delle competizioni nazionali con giocatori formati nei vivai italiani, indirizzi la vertenza verso il rispetto di quote nell’utilizzo dei giocatori che la riforma ha evidentemente alterato.
Se poi la soluzione determinante sarà quella di attaccare la riforma sul campo della giustizia ordinaria, siamo certi che le normative in vigore a livello nazionale ed europeo indirizzeranno diversamente questa battaglia, laddove si deve iniziare a fare i conti con il godimento di diritti comunitari che superano eloquentemente ogni forma di disposizione normativa a carattere sportivo. Non importa fino a quando la questione resterà in piedi e si giocherà nelle aule dei competenti tribunali chiamati in causa: l’obiettivo che queste azioni intendono perseguire è quello di azzerare (o quanto meno rimodulare) gli effetti che questa riforma può negativamente produrre sulla qualità del nostro futsal di vertice e la competività della nostra disciplina in ambito internazionale.
Le storture indotte dalla delibera 772 si sono già viste nel corso delle operazioni di mercato estivo e con esse termini di contrattazioni mai visti in precedenza. Ma prima che il nostro futsal rischi di tornare all’epoca del calcetto c’è solo una cosa da sperare: che il CONI (oggi) oppure TAR e Consiglio di Stato (se occorrerà) intervengano per riportare il futsal italiano a quella dimensione che gli ha consentito di arrivare a dettare legge ai massimi livelli europei e mondiali.
o.c.