08/09/2022 13:45
Siamo sinceri. Dopo la legnata presa ieri sera per mano del Portogallo non è facile poter esprimere i propri sentimenti con chiarezza. Se da una parte ci si rende conto che per battere i lusitani per proseguire negli Europei Under 19 di Jaen sarebbe servita un’impresa titanica alla luce del 6-1 impartito sul campo, dall’altra pensiamo che non sia affatto il caso di criticare gli Azzurrini che hanno fatto tutto quello che hanno potuto per giocarsi una sfida rivelatasi impari, anzi viene spontaneo dire loro di non farsene una ragione e che, in fin dei conti, l’Italia è pur sempre tra le prime otto d’Europa. Anche perché sapevamo che non eravamo i più forti (ma neanche i più scarsi) e il rischio di veder volatilizzare i tanti apprezzamenti ricevuti precedentemente la trasferta spagnola erano concreti.
Semmai la nostra riflessione va a toccare aspetti esterni alla prestazione della squadra di Bellarte, perché il risultato di Jean invita a riflettere su quello che è lo stato, e di conseguenza, il livello di competitività del nostro futsal. Che se in passato a livello giovanile (ma ci riferiamo all’allora Under 21) si era avvicinato alle nazionali di riferimento del Vecchio Continente, stavolta ha invece pagato dazio per la carenza di una politica di sviluppo dell’attività minore che si è espressa non tanto nei sei gol incassati col Portogallo ma nel 4-1 con il quale gli Azzurrini sono stati bastonati dalla Polonia.
Non andiamo certo a puntare il dito sulle scelte di Bellarte, al quale possiamo solo contestare il motivo per il quale ha precluso l’azzurro ai giocatori della Cioli Ariccia, che nonostante avesse dominato le finali scudetto conquistando in maniera trionfale l’ultimo tricolore Under 19, non ha avuto nessuno dei suoi giocatori convocati per Jean (nemmeno quel Pires che a luglio è stato ingaggiato dell’Italservice Pesaro campione d’Italia). Il Ct ha fatto le sue scelte nella consapevolezza di aver optato per il meglio che potesse offrire la categoria: ma a Jean abbiamo visto che il Portogallo ci è stato una spanna superiore, sicuramente anche la Spagna ci avrebbe affossati, ma uscire per mano della Polonia, con tutto il rispetto, non era assolutamente preventivabile.
E invece è successo: ed è francamente imbarazzante pensare, con tutto il rispetto (e tanto di cappello visto il risultato del campo) che il futsal giovanile della Polonia in questa circostanza si sia rivelato tanto superiore al punto da farci vedere i sorci verdi. Ah, non dimentichiamoci l’Ucraina, che in fatto a futsal ha sempre fatto sentire la sua voce (sarà la sfidante dei portoghesi in semifinale a Jean) ma anche che in Andalusia non c’era la Russia, cancellata come ben sappiamo dalle competizioni agonistiche di tutte le discipline: è non stiamo certo parlando di poca cosa.
Perché questo prologo? Perché se non ci si può non domandare se questa Nazionale era davvero l’espressione massima del nostro futsal giovanile, come possiamo capire quanto possa essere competitivo il movimento alle spalle delle prime squadre proiettato (e comparato) sulla scena europea? Che ricambio abbiamo immediatamente dietro questa Nazionale e, soprattutto, è in grado di permettere al futsal italiano quanto meno di restare tra le migliori otto (quando poteva aspirare a entrare tra le prime quattro)? E ancora, quali potranno essere gli effetti reali delle belle manifestazioni di Salsomaggiore di fine maggio se non si insiste su un programma di lavoro che deve essere portato avanti con una frequenza di allenamenti significativa se si vogliono produrre frutti che si individuano nella valorizzazione dei tanti giovani che hanno dimostrato qualità ma sulla quale si lavora a strappi? Vedi gli ultimi stage di Genzano, tenuti a luglio: da due mesi il nulla quando invece bisogna insistere sulla continuità del lavoro se si vuole sperare di puntare ai risultati che raggiungono Spagna e Portogallo (senza aggiungere altri nomi) dove, appunto, la formazione giovanile è curata a livelli professionistici e portano chiaramente a obiettivi ben diversi.
Ovvio che la riforma introdotta da questa stagione servirà da strumento acceleratore per contribuire alla crescita dei giovani ed è innegabile che le società proprietarie dei ragazzi dovranno impegnarsi ad assicurare il dovuto minutaggio anche in proiezione azzurra maggiore. Ma qui il vero problema sarà quello di offrire ai giovani in fase di emersione quelle opportunità che occorrono per aumentare la loro competitività intanto sul fronte nazionale e successivamente su quello internazionale. La verità è che allo stato attuale non ci sono strumenti formativi in grado di avviare questo percorso, l’unico che può produrre fatti concreti è l’apertura alle seconde squadre nelle quali la crescita dei giovani è garantita dal confronto continuo con giocatori già completi e non per tre quarti di stagione con avversari di evidente minor caratura.
Questa è la prima soluzione da adottare per consentire ai giovani che chiudono l’esperienza in Under 17 di accedere alla categoria superiore sapendo di affrontare la parte decisiva di un percorso di crescita che, attraverso la competizione in categorie nazionali, può intanto supplire all’assenza di progetti che, per quanto riguarda il futsal giovanile, sono ostaggio delle politiche della FIGC e non certo della Divisione Calcio a 5. Il futsal, torniamo a ribadirlo, deve essere del futsal e non del calcio ma propedeutico al calcio: concetti del tutto sconosciuti in Italia per mancanza di lungimiranza e scarsa propensione a imitare modelli vincenti proposti da altre nazioni che primeggiano nel ranking mondiale e alle quali bisogna aspirare.
In contemporanea occorrerà progettare un piano per la valorizzazione del futsal giovanile. I talenti sappiamo esserci, tanti li abbiamo ammirati a Salsomaggiore, ma la domanda resta sempre la stessa: quanto valgono a livello nazionale prima che sul piano internazionale? Il risultato di Jean ha aperto un tavolo di confronto ma anche di programmazione: l’Italia ha il dovere di colmare il gap rispetto a Spagna e Portogallo (ed altre) e può farlo programmando con attenzione e soprattutto lavorando con la dovuta competenza su quelle promesse del 40x20 che non possono e non devono restare circoscritte alla Future Cup.
Per la prima volta da quando è stata istituita, pensiamo - e sosteniamo - che la riforma può essere lo strumento giusto per fare un passo avanti nella valorizzazione dei nostri giovani, ma non deve restare fine a se stessa come rischia di esserlo se non sarà accompagnata da una vera e capillare opera di formazione tecnico-tattica e agonistica. Le eccellenze tecniche non mancano, il talento c’è ed è anche abbondante: questa scommessa adesso deve essere vinta!
cas.