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25/02/2022 00:49

'Formati' e 'non formati', i dati della Divisione non convincono: un terzo della Serie A è italiana

Nei giorni scorsi, la Divisione Calcio a 5 ha pubblicato sulla propria pagina facebook (GUARDA QUI) una slide composta da tre facciate. Nella prima campeggiavano due dati: 80% e 20%. Stavano a indicare la percentuale di giocatori “non formati” e “formati” utilizzati dai club di Serie A nel massimo campionato della stagione 2020/2021. Dati che già ci erano stati propinati dal presidente Bergamini nei giorni che avevano preceduto l’enunciazione del riforma sull’impiego dei giocatori “non formati” nella nostra disciplina a partire dalla stagione 2022/2023 e che comunque meritavano di essere approfonditi anche per capire come i matematici di piazzale Flaminio potessero essere arrivati a quelle conclusioni, dalle quali poi dipendevano i numeri della seconda slide, quelli inerenti le percentuali sull’utilizzo dei giocatori “formati”, divisi in 4 fasce (Over 30, Età 25-30, Under 25 e Under 20), con uno 0% relativamente a questa ultima “frangia” di giocatori che obiettivamente ha lasciato un tantino perplessi. 


E infine, la terza slide, che faceva notare come i 37 scudetti assegnati finora erano stati appannaggio di 19 società delle quali solamente 3 (Prato, Arzignano e Italservice Pesaro) sono ancora presenti sulla scena del nostro futsal “avendo mantenuto la stessa matricola e/o struttura giuridica”. Dati anche questi che, secondo chi scrive, meritavano qualche riflessione, che abbiamo poi fatto avvalendoci anche dei consigli di un amico innamorato della statistica che ha voluto condividere con noi l’analisi di questi valori i quali, visti di prim’acchitto, non lascerebbero spazio a equivoci, ma che così non è. E vediamo perchè.


L’USO DI “NON FORMATI” E “FORMATI” - Sappiamo tutti che l’impiego dei giocatori “non formati” in Serie A, e anche nel resto delle categorie, ha il compito di innalzare il livello di competitività di un roster, ma non pensiamo che la percentuale d’impiego di giocatori “formati” nel rapporto "1 a 4" fornito dalla Divisione sia corretta, perchè non è cosi. Il calcolo si fa ben presto, quasi basta considerare i soli portieri. 


Con l’ausilio del nostro amico statistico abbiamo verificato che nel campionato 2020/2021 ben 11 delle 14 società della nostra Serie A (CMB, Sandro Abate e Mantova le eccezioni) hanno utilizzato sistematicamente portieri “formati”, coprendo con italiani un ruolo che vale un quinto del valore dei giocatori utilizzati effettivamente in campo (e italiani erano comunque i "secondi"). Considerando i tre portieri “non formati” la percentuale d’utilizzo scende al 15,71%, a questa però andiamo a sommare la quota dei giocatori “formati” impiegati dalle società e ci si rende immediatamente conto come i 14 team di Serie A abbiano impiegato nelle loro rotazioni almeno 60 giocatori “formati” italiani: tra questi citiamo gli azzurri - o ex azzurri - Schininà, Fusari, Musumeci, Fortini, Houenou, Cesaroni, Esposito, Motta, Romano, Caponigro, De Luca, Guedes, Azzoni, Ugherani ed Ercolessi, la maggior parte dei quali inseriti anche nei quintetti iniziali (insieme ai portieri), tralasciando altri nomi altrettanto noti. 


Ebbene, domandiamo agli attenti estensori dell’indagine: possibile che i 15 giocatori sopra citati, tutti insieme, abbiamo composto solo quel 4,29% di percentuale che porti al 20% citato  nella prima slide? Non vogliamo metterci a contare né le presenze tanto meno i minuti giocati, ma possiamo tranquillamente dire che quel 20% si può trasformare in un 30 e anche 35%, ossia almeno un terzo dei giocatori utilizzati nel campionato di Serie A 2020/2021 erano “formati” italiani. Non un quinto.


SCUDETTI ED ESTINTE - Tralasciando la seconda slide, non avendo avuto il tempo di poterci mettere a riscontrare giocatori ed età (ma ci teniamo a dire che giocare in Serie A da Over 30 non lo riteniamo un "rottamabile" quando si è nel pieno della maturità tecnico-agonistica), passiamo direttamente alla terza e qui ci avvaliamo di quella grande opera intellettual-mediatica che è Wikipedia. 


Orbene, la terza slide pubblicata dalla Divisione parla di 37 scudetti e 19 società vincitrici del titolo italiano: assoluta coincidenza di dati con Wikipedia. Ma 37 scudetti significa risalire sino alla stagione 1983/84, quando vinse la Roma Barilla ripetendosi l’annata successiva. Poi troviamo anche l’Ortana Griphus, il Marino, i quattro titoli consecutivi della Roma RCB (in cui giocava proprio l’attuale presidente Bergamini) che venivano assegnati con la poule scudetto (ricordate le notti magiche del Foro Italico?). La stessa formula che vide vincere per quattro volte la BNL e due il Torrino: erano gli anni in cui il dominio del calcio a 5 era detenuto dalle squadre laziali. Che vinsero l’ultima volta nel 2000/2001 ancora grazie alla Roma RCB per poi, da quel momento, scordarsi il tricolore. 


Con quella statistica la Divisione vuole veramente azzardare comparazioni tra l’attuale futsal e il calcetto dell’epoca? Vogliamo comparare gli impegni spesa che comporta la gestione di un club del nostro periodo con i costi delle società sulla scena 20, 30 o quasi 40 anni fa? E delle 19 società vincitrici dello scudetto perchè ne sono rimaste in attività solo tre? Perché dover pensare ad un qualcosa di clamoroso, quasi una unicità del futsal, quando lo stesso accade In altri sport è altrettanto nel calcio a undici?


E allora, ci si è mai domandati quanti sono stati i club di calcio professionistici a fallire, tra Serie A, Serie B e Serie C, nel corso dell’ultimo trentennio? Nessuno considera che della Serie A del calcio non sono mai scomparsi solamente i grandi club (leggi Juventus, Milan, Inter, Lazio, Roma e le due genovesi) ma tanti altri - dalla Fiorentina al Napoli, fino di recente al Chievo, ma potremmo elencarne a decine - hanno rischiato di sparire se non addirittura chiudere definitivamente i battenti, ripartendo dalla C1, dalla C2 (ricordate la Florentia Viola?), persino dai dilettanti, salvati solo dalla possibilità di ricorrere al Lodo Petrucci che è stata l’ancora di salvezza per tanti di loro?


Facciamoci, piuttosto una domanda e chiediamoci perchè la Luparense, la Marca, l’Asti, lo stesso Montesilvano che ha regalato all’Italia l’unico trionfo internazionale nel 2011, oggi non ci sono più. La risposta non sarà mai perchè giocavano troppi “non formati” e pochi “formati”, perchè quella è stata per un decennio e passa la ricetta vincente anche della nostra Nazionale. Ma darsi una risposta non sarà difficile, anzi…