05/08/2024 18:20
In attesa di conoscere il nome del candidato che si opporrà a Stefano Castiglia nella corsa al rinnovo della presidenza e del Consiglio Direttivo della Divisione Calcio a 5 per il quadriennio olimpico 2025/2028, si può dire che la campagna elettorale è già entrata nel vivo. Impossibile non credere che gli schieramenti, più o meno formalizzati, in questi caldi giorni che hanno caratterizzato la fine di luglio e l’inizio di agosto, si siano astenuti dalla discussione con i club dei punti che caratterizzano il progetto da attuare in caso di elezione, ma leggendo con attenzione il servizio pubblicato oggi dal Corriere dello Sport (VEDI GALLERY 1), riportante un’intervista proprio a Stefano Castiglia riguardante sia le motivazioni che lo hanno spinto a candidarsi che i punti chiave del suo programma, non abbiamo potuto restare indifferenti.
Due gli aspetti sui quali ci troviamo in assoluto disaccordo con le parole di Castiglia: la rivisitazione del concetto dei "giocatori formati” e la rilettura dell’attività giovanile con la relativa premialità. Argomenti sui quali solamente Calcio a 5 Anteprima ha sistematicamente battuto il tasto negli ultimi tre anni, evidenziando le stonature che proprio la politica della governance Bergamini aveva contribuito a produrre, senza peraltro porre mai l’accento sulla possibilità di poter correggere il tiro sugli effetti riformistici.
Non è stato un caso, tra l’altro, che proprio Castiglia, nel suo messaggio di presentazione della candidatura alla presidenza di viale Tiziano (LEGGI QUI), aveva detto con chiarezza di termini, di essere “pronto per questa grande responsabilità” di proseguire - come chiesto proprio da Bergamini al Direttivo del 18 luglio scorso - “con forza e determinazione il discorso intrapreso in questi anni”. E di quale discorso stiamo parlando, candidato presidente? Quello di dare “continuità di un lavoro svolto con tenacia, con spirito di squadra…”? La riforma voluta dal presidente uscente Bergamini, che è stata imposta al futsal italiano senza che le società avessero il modo di poter comprendere preliminarmente i contenuti del nuovo percorso che si stava decidendo di intraprendere (è questo il “costante confronto con i club”?) ha mostrato sin dal momento di venire partorita le sue falle.
Lo abbiamo contestato apertamente, argomentando addirittura un decalogo di domande (LEGGI QUI IL NOSTRO SERVIZIO DEL 17 FEBBRAIO 2022) per cercare di aprire una discussione che potesse correggere il tiro della riforma, che ricordiamo, deliberata il 15 febbraio 2022 con il comunicato 722, ha imposto a tutti i club maschili del nazionale (ma senza toccare quelli del femminile) un taglio drastico della componente “straniera”, che nel caso della Serie A è passata dai 7 giocatori “non formati” iscrivibili nelle liste di gioco composte fino al 30 giugno 2022 da 14 elementi, ai 4 previsti dal primo luglio successivo in una lista da 12 unità. E nonostante le polemiche arrivate da tutto il mondo del futsal maschile, non è stato fatto il minimo passo indietro, neanche cercare di dialogare almeno con quella Serie A di cui proprio Castiglia è stato il referente consiliare fino a pochi mesi fa, quando ha lasciato il suo posto ad Alfredo Zaccardi. L’unica eccezione: l’aumento di un “non formato” per la stagione 2022/2023 (solo per la Serie A) alla luce delle evidenti difficoltà incontrate dai club a fare mercato.
E la storia non è cambiata di una virgola nemmeno nelle stagioni a seguire, dove anzi il Consiglio Direttivo della Divisione ha insistito nella sua politica a sostegno della riforma, glissando sul pianto che proveniva dalle società nel frattempo attanagliate a tutti i livelli da quel fenomeno di mercenariato messo in atto dai giocatori italiani e “formati”, che avevano immediatamente cavalcato gli effetti del taglio agli stranieri per dettare le proprie condizioni sul #futsalmercato. E nessuno, in viale Tiziano, davanti alle prese di posizione anche forti assunte recentemente dalla Lega di Serie A di Futsal, ha pensato che era arrivato il momento di rivedere le regole del gioco, che in soli due anni hanno prodotto effetti disastrosi per la qualità del massimo campionato e la competività internazionale del nostro futsal, come testimoniano il crollo della Nazionale nei ranking europeo e mondiale, frutto dei pessimi risultati riportati sul campo, e addirittura la clamorosa retrocessione (mai accaduto in precedenza) della squadra campione d’Italia nel contesto delle formazioni che dovranno disputare tra due settimane il Preliminary Round della Champions, con la Meta chiamata subito ad affrontare una trasferta scomoda e imprevedibile in Danimarca.
Adesso, davanti a dati inconfutabilmente negativi, ci si accorge che bisogna intervenire a livello normativo? Adesso, visto che c’è in gioco la conduzione di viale Tiziano nei prossimi quattro anni, diventa prioritaria la riformulazione del concetto di formazione in Italia? “L’attuale status di formato merita - si legge sul Corriere - rispetto ai tempi moderni, una necessaria e non più rimandabile modifica che riconosca agli atleti un reale percorso di formazione”. Ma come? C’è una norma (internazionale) della FIFA che stabilisce il criterio per il riconoscimento della formazione che non è mai stata presa in considerazione… E poi, candidato presidente, se il Consiglio Direttivo, lo scorso 30 maggio (LEGGI QUI), aveva ribadito che la riduzione dei “non formati” a tre era già prevista per la stagione 2024/2025 pur essendo stata derogata di dodici mesi (anzi viene riportato testualmente “si sottolinea, infine, che, in virtù della concessione della suddetta deroga, tale determinazione non è ulteriormente modificabile”), adesso, a soli due mesi di distanza, si viene a dire che c’è la necessità di riformulare il concetto di formato e renderlo più attuabile? Ci domandiamo cosa è successo in questo breve lasso di tempo tale da aver prodotto questa nuova convinzione, totalmente in antitesi con i cardini oltranzisti della riforma?
E la volontà di ricostruire un “rapporto fondamentale con tutti i Comitati Regionali” per avviare un “dialogo costante e produttivo”? Candidato presidente Castiglia, ci spiega per quale motivo la Divisione Calcio a 5 è tornata ad essere più che mai ingabbiata nelle decisioni del Consiglio di Lega (che ricordiamo vede la presenza di tutti i presidenti dei 19 Comitati Regionali della Lega Nazionale Dilettanti) tanto da dettare le condizioni che con ogni probabilità costringeranno il Consiglio Direttivo a varare domani un campionato di Serie B maschile orfano di almeno sei società, deludendo le aspettative di quei club che ne avevano fatto richiesta, solo per un mero aspetto regolamentare che poteva essere aggirato facendo valere i requisiti dell’autonomia contemplata sia dallo Statuto della FIGC che dal Regolamento della LND?
E infine i giovani, argomento che parte proprio dall’attrito che si è venuto a creare nei rapporti con i Comitati Regionali, di cui avevamo parlato l’11 febbraio scorso (LEGGI QUI IL NOSTRO SERVIZIO) dopo la felice intuizione di varare il Campionato Amatori che aveva provocato la ferma risposta, totalmente contraria, di tutte le delegazioni, spaccatura ulteriormente acuita dall’iniziativa di riformare il campionato Under 19 Nazionale senza interpellare i singoli responsabili regionali, che ovviamente si sono schierati per un “no” compatto, con la conseguente e inevitabile decisione di rimandare alla prossima stagione la ristrutturazione della categoria. Questo nella falsa convinzione che solo rivedendo la pianificazione dell’attività a livello Under 19 si possano risolvere i problemi legati ad un processo giovanile chiaramente insufficiente e improduttivo e ad alimentare quello che doveva essere il naturale serbatoio che l’atto riformistico doveva mettere immediatamente a disposizione delle società, ovviamente di qualità tale da compensare il crollo del livello di tutti i campionati. E’ stato fatto qualcosa?
Da queste colonne abbiamo più volte sostenuto la necessità di rivedere l’intero percorso giovanile partendo sin dalle categorie agonistiche minori (Under 15 e Under 17), che sono gestite dai Comitati Regionali nella prima fase e dal Settore Giovanile e Scolastico in quella finale; risolvendo la divisione dell’Under 19 in due sezioni “nazionale” e “regionale” (con tanto di doppio scudetto) ma soprattutto riprogettare quell’Under 21 categoria che può consentire alle società di prolungare di un biennio il percorso di formazione dei loro giovani, offrendo alle stesse anche la possibilità di schierare le cosiddette “squadre B” sull’esempio di quanto accade nei campionati europei più avanzati, quelli spagnoli in primis. La distribuzione di contributi attraverso il Premio Giovani è un palliativo che non incentiva minimamente le società, alla luce soprattutto delle difficoltà legate all’organizzazione dei vivai e dell’attività giovanile in quei territori dove vige la forte concorrenza di altre discipline sportive, il calcio a undici in primo luogo, che si aggiudicano la fetta più sostanziosa dei praticanti. E la stessa opportunità concessa dal doppio tesseramento ha dimostrato la sua inutilità davanti alla mancanza di interesse proprio dei club di calcio a undici.
Un progetto reale per lo sviluppo e la qualificazione dell’attività giovanile andava intrapreso sin dal momento in cui è entrata in vigore la riforma, della quale - ripetiamo - le formazioni minori avrebbero dovuto costituire il principale serbatoio di approvigionamento. Invece, la scarsità di idee e soprattutto di tecnici e istruttori qualificati, ha di fatto tarpato qualsiasi forma di programmazione, con i tempi che si sono inevitabilmente allungati. E se c’è qualcuno che dice che la Future Cup è una manifestazione lungimirante in questo senso, noi rispondiamo che questa deve rappresentare concretamente un’occasione tanto per i giovani quanto per i club apicali, affinché possano effettivamente concedere ai talenti emergenti le reali opportunità di affermazione potendo giocare, alla conclusione del loro iter formativo, nei campionati di punta della nostra disciplina. Per cui, candidato presidente Castiglia, l’attenzione - oltre che lavorare sul settore giovanile - deve essere finalizzata sul come il "prodotto giovani" va sfruttato, perchè vedere tante speranze del futsal dimostrare le loro capacità in quei tre giorni di gare e poi venire relegati a giocare nei campionati minori, è assolutamente inutile.
Candidato presidente Castiglia, le sue parole non ci hanno assolutamente meravigliato. Anzi, ce le aspettavamo su quel tenore e crediamo che abbiano ulteriormente fortificato l’aspettativa della nostra testata di un cambiamento di strategie le quali non possono che essere in totale contrapposizione con gli argomenti che ha esposto nella sua intervista al Corriere dello Sport. Lo stato di difficoltà del nostro futsal è evidente, numeri e dati suggeriscono - anzi, impongono - una forte e decisa inversione di tendenza: lo diciamo con la coerenza di chi ha sempre creduto in quello che ha scritto e ne ha motivato il perchè. Nella totale consapevolezza che quello di settembre sarà un appuntamento epocale per il futuro della nostra disciplina.
cas.