18/03/2021 15:08
I campionati di Serie C1, nelle regioni dove i numeri
sembrano permetterlo, ripartiranno? Questa la domanda alla quale bisognerà
cercare di dare una risposta interpretando le disposizioni dettate dal
presidente della FIGC, Gabriele Gravina, nelle linee guida che nei giorni
scorsi sono state trasmesse ai Comitati Regionali in merito alla ripartenza di
quei campionati di vertice a livello territoriale che sono stati riconosciuti
di “preminente interesse nazionale”. Su questo aspetto di un argomento che si sta
rivelando decisamente più complesso di quanto teorizzato, avremo modo di
tornare più avanti. Intanto facciamo il punto della situazione a livello
nazionale considerando gli sviluppi delle ultime ore.
TRE COMITATI PRONTI A RIPARTIRE - Chi pensava che la ripartenza della C1 avesse sollevato un’ondata di adesioni dovrà forzatamente ricredersi perché alla fine solo tre regioni sono pronte per impiantare altrettanti campionati in maniera autonoma. Si tratta del Lazio (con 15 squadre), della Calabria (con otto) e della Sicilia, dove la voglia di tornare a giocare ha raccolto l’assenso di ben 26 società delle 28 iscritte al massimo torneo regionale. Un numero a dir poco clamoroso se riscontrato con i dati addirittura azzerati di altre regioni. Qui, dunque, si dovrebbe ripartire con i format già trasmessi alla LND: un girone da otto e uno da sette per il Lazio, un girone unico da otto per la Calabria, due gironi per la Sicilia dove verrebbe ripristinato di fatto il calendario originario e si ripartirebbe da dove ci si era interrotti a fine ottobre.
Ma per il resto sono problemi.
I CAMPIONATI MISTI - Sei le regioni dove si sta lavorando
all’organizzazione di tornei a valenza interregionale. Si tratta di Veneto, Lombardia,
Piemonte, Liguria, Toscana ed Emilia-Romagna. Ma in che termini?
Le quattro società del Veneto confluiranno in un girone con le cinque dell’Emilia Romagna; delle tre lombarde che avevano dato la loro disponibilità a ripartire solamente il Bergamo appare disposto a sobbarcarsi trasferte fuori regione, nella fattispecie in Piemonte, dove le società pronte a ripresentarsi al via sono sette. Bergamo che potrebbe anche optare per un “piano B” che riguarderebbe quattro società della Liguria e tre della Toscana: in questo caso nascerebbe un girone tri-regionale e il Piemonte andrebbe da solo chiedendo una deroga riguardo il minimo di club partecipanti (ora sette, appunto, rispetto alle otto indicate dalle linee guida).
Fuori dai giochi nel quadrante settentrionale Friuli Venezia Giulia (dove il Comitato Regionale ha già chiuso la stagione anche per l’Eccellenza del calcio e tutta l’attività minore: idem ha fatto l’Umbria) e i comitati autonomi di Trento e Bolzano, che ieri hanno ufficialmente comunicato alla LND l’impossibilità a riprendere con sole quattro squadre disposte a farlo.
Non resta che capire se queste soluzioni saranno attuabili o meno in base ai criteri dettati da Gravina nelle linee guida.
IL POPOLO DI CHI DICE NO - È una lista decisamente corposa. Da nord a sud hanno comunicato la volontà di non ripartire con alcuna formula, oltre a Friuli e Trentino Alto Adige, anche Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata e Sardegna. In Puglia l’ultima risposta dalle società arriverà stasera al termine di una video conferenza con il responsabile regionale Biagio Capriati e poi il quadro nazionale sarà pressoché definitivo.
MA A QUESTO PUNTO VALE LA PENA RIPARTIRE? - L’interrogativo
è più che mai lecito, perché con sole tre regioni (probabilmente quattro, forse
cinque) a pianificare attività autonoma, con altre sei più che dimezzate nei
numeri originali e con nove Comitati che hanno già deciso di rimandare tutto
alla prossima stagione, il rischio reale e concreto è che non vengano più a sussistere
i requisiti per riconoscere il campionato di Serie C1 di “preminente interesse
nazionale”.
Questo perché il concetto dovrebbe riguardare quell’attività agonistica, anche a base regionale, come appunto il campionato di C1 di futsal, che nella sua complessività nazionale, acquisisce lo status di essere considerata tale, fondando il suo principio nello scambio di società che viene posto in atto attraverso i meccanismi di retrocessione e promozione i quali, al momento, non sono affatto uniformi ma chiaramente “a macchia di leopardo”.
Su questo aspetto sarà chiamato a pronunciarsi il presidente Gravina prima di comunicare al CONI i nuovi campionati che potranno essere annoverati tra quelli di interesse nazionale permettendone la ripresa. Ma pur considerando la ripartenza come un inequivocabile segnale di fiducia dato in un momento storico ancora segnato dal peso della pandemia, la volontà dichiarata di molte società che tornando a giocare dimostrano di voler combattere il virus sul campo di battaglia dello sport, a questo punto anche noi chiediamo: vale veramente la pena ripartire?
cas.