
31/12/2023 18:00
Non riusciamo a trovare un solo motivo per poter esprimere un minimo di soddisfazione per quello che ci ha regalato il 2023 che ci apprestiamo a mettere alle spalle. Anzi, con il trascorrere dei mesi le delusioni si sono sommate una dopo l’altra ed oggi, all’alba del 2024, risulta veramente difficile individuare argomenti in cui si possa riconoscere all’attuale governance di aver ottenuto riscontri e profitti a livello di condivisione su quanto è stato attuato. E’ vero che c’è chi non la pensa come noi - ed è assolutamente giusto che sia così - e merita il rispetto delle proprie opinioni, ma lasciatecelo dire: il 2023 non ha prodotto assolutamente nulla di progettualmente importante per il futsal italiano.
Già immaginiamo i cori dei soliti paladini che si ergono a difesa dell’operato dei vertici istituzionali di viale Tiziano: liberi di poter dire quello che vogliono, la democrazia è libertà anche nel poter esprimere apertamente la propria opinione, senza ovviamente trascendere nei termini. Quello che nella sostanza facciamo anche noi nel momento in cui mostriamo il nostro disappunto per le iniziative che teoricamente dovrebbero essere a favore del futsal, ma che noi vediamo esattamente all’opposto perchè di pro-disciplina hanno ben poco. E il 2023 che si chiude, per come la vediamo noi, ha confermato questa linea, anzi per le società i problemi sono anche aumentati perchè l’applicazione di questa riforma senza senso non ha fatto altro che complicare la gestione dell’attività dei club nazionali a tutti i livelli, andandosi a sommare con l’introduzione della Riforma dell’Ordinamento Sportivo che ha provocato un inevitabile - e in taluni casi non indifferente - aumento degli obblighi amministrativi.
Gli aspetti sui quali vogliamo finalizzare il nostro discorso di fine anno sono essenzialmente due, che però viaggiano strettamente in parallelo tra loro: l’ulteriore restrizione introdotta con la creazione di una quarta categoria nazionale e gli effetti totalmente negativi legati alle imposizioni della riforma, aspetti che si sono andati a riverberare su quella Nazionale che deve essere l’espressione di un futsal, quello italiano, che vive oggi uno stato di profonda (e pericolosa) crisi.
L’indomani della pubblicazione del comunicato 772/2022, quello che di fatto rendeva ufficiale la riforma della partecipazione al gioco, esprimevamo proprio da queste colonne la nostra preoccupazione per gli effetti che il taglio insensato ai giocatori “non formati” avrebbero prodotto sia sulla qualità dei collettivi che sulle contrattazioni che vedevano impegnati i giocatori italiani e formati: domande che non hanno mai ricevuto risposte (LEGGI QUI IL NOSTRO SERVIZIO DEL 17 FEBBRAIO 2022). Ebbene tutto si è puntualmente avverato. Nel silenzio più assordante dell’istituzione: crollo del livello delle categorie apicali, Serie A in primis, e crescita senza eguali dei costi di ingaggio per quei giocatori - finanché quelli di minor valore - che, improvvisamente, da pedine di contorno si sono venuti a trovare nelle condizioni di poter dettare le proprie condizioni sul #futsalmercato.
La reazione della stragrande maggioranza delle società, che si sono lamentate a più riprese delle inaccettabili maggiorazioni degli ingaggi per italiani di medio livello e giocatori formati, è passata di fatto inosservata. Così, chi ha saputo lavorare con attenzione sfruttando anche un percorso programmatico antecedente al 15 febbraio 2022, ha saputo attutire parzialmente gli effetti, investendo però capitali non certo di secondaria rilevanza per assicurarsi i migliori prodotti presenti sulle piazze del futsal; altri hanno cercato di pescare nei territori di competenza, ma anche in questo caso dovendo mettere sul piatto della bilancia impegni economici non proporzionati alla capacità e al livello delle scelte effettuate.
Il risultato qual è stato? Un calo evidente della qualità complessiva dei roster, legata direttamente al minor numero di giocatori “non formati” da utilizzare, componente affatto compensata da chi è stato ingaggiato per rispondere ai requisiti imposti dalla riforma. Ma la cosa più difficile da mandar giù è che, nella maggior parte dei casi, il tetto delle spese è stato pari se non addirittura superiore, in proporzione, a quanto si metteva a budget quando ancora si rispondeva alle regole dettate dalla circolare 1276/2004 del CONI, ossia alla possibilità di utilizzare fino al 50% dei giocatori da inserire nelle liste di gara con lo status di “non formati” nei vivai giovanili italiani. Non abbiamo minimamente condiviso la determinazione del CONI di accettare i contenuti della riforma stabilendone l’attuabilità solo per il futsal, a difesa e tutela dei vivai italiani della disciplina. Che, detto tra noi, tolti quelli storici, dove stanno?
Succede così che la scelta di creare la Serie A2 Elite ha introdotto una quarta categoria nazionale prevista inizialmente per 28 società (alla fine se ne iscriveranno 26, di cui due ammesse), che in base alle determinazioni del Consiglio Direttivo hanno immesso nel circuito agonistico - fatta base per 9 giocatori italiani o formati a club - quasi 250 atleti che le società interessate contano complessivamente nei propri organici, parte dei quali pescati specialmente dalle categorie inferiori. Ovviamente a discapito di quelle società che, a loro volta, per completare gli organici, si sono andate a contendere i “restanti” pezzi italiani (o i pochi formati) disponibili, mettendo le mani inevitabilmente anche nei regionali, visto che la riforma non permetteva di avere, per la stagione 2023/2024, più di due stranieri per l’A2 e uno per la B.
Il risultato? Ancor più penalizzante e restrittivo di quanto visto in estate: di fatto non ci sono più giocatori. La verità è che in questa prima parte delle contrattazioni di riparazione i calciatori, italiani e formati, da poter acquisire per aggiustare i roster si contano sulle dita di una mano, a meno che non si tratti di quegli elementi che hanno rescisso il proprio accordo e siano tornati a disposizione. Pronti a rimettersi in gioco (a peso d’oro).
Ecco di cosa non ha tenuto conto la riforma: che i giocatori indigeni paradossalmente potessero come estinguersi, per cui non ci si è preoccupati di anticiparla con un programma che permettesse comunque la creazione di un indotto in grado di venire incontro alle successive esigenze delle società. Il “progettista” avrà pensato che, come succede per qualsiasi cosa fatta all’italiana, ci sarebbe stato sempre un rimedio. Invece qui il discorso è molto semplice: i giocatori sono finiti e quelli che vogliono provare a cimentarsi nel nazionale o si propongono a ingaggi ingiustificati e inaccettabili, oppure preferiscono restare nel regionale preferendo impegni agonistici meno pressanti e pesanti. Se qualcuno è in grado di dire il contrario davanti a ciò che affermiamo si faccia tranquillamente avanti!
Ma qual è stato il rovescio della medaglia? La Nazionale. Se il riformatore credeva che il Ct Bellarte avesse potuto beneficiare immediatamente degli effetti delle nuove politiche istituzionali, i risultati lo hanno totalmente e completamente sconfessato. Non ci sono stati “figli della riforma” che hanno subito potuto prendersi la scena, tanto nei campionati apicali quanto, conseguentemente, in maglia azzurra. Solamente Isgrò ed Etzi, se vogliamo valutare la circostanza in base al loro anno di nascita (sono ambedue del 2002), si potrebbe - proprio in extrema-ratio - dire che sono stati il frutto del biennio riformistico: ma stiamo parlando degli unici due giocatori che per qualità e capacità non avevano certo bisogno della riforma per guadagnarsi i galloni da titolari nelle rispettive squadre di club e meritarsi la fiducia del Ct.
Per cui Bellarte non ha potuto far altro che dirottarsi su tutti quei giocatori che un articolo oltremodo enfatizzante pubblicato qualche tempo fa sul sito della Divisione Calcio a 5, ha definito i prodotti della riforma (LEGGI QUI): 47 nominativi che il Ct ha convocato lungo il suo percorso alla guida della Nazionale e tra i quali ha selezionato gli atleti che hanno preso parte alle qualificazioni per i Mondiali del prossimo anno. Ma attenzione: dei giocatori poi entrati definitivamente nel giro azzurro, ossia quelli ai quali Bellarte si è affidato nelle dieci partite giocate tra Main Round ed Elite Round, cinque erano “non formati”!
Cosa vogliamo dire? Che Bellarte, mentre si è reso conto che le sfide con Svezia e Macedonia del Nord sarebbero state superate di slancio (anche se in trasferta gli Azzurri si sono dovuti accontentare di altrettanti pareggi con avversarie in classifica collocate distanti nel ranking), in quelle dell’Elite Round, quando c’era la necessità di portare a casa il risultato, ha fatto largo uso dei giocatori “non formati” (vale a dire Merlim, Motta, Calderolli, Marcelinho e Cainan), limitando l’impiego degli italiani, utilizzati - tranne qualcuno che ha avuto un certo minutaggio - come vero e proprio contorno. Ossia, il Ct stesso ha preferito agli italiani scelti, giocatori che per il CONI (e la Divisione) lo sono unicamente per questione di status, e tre di questi che addirittura non giocano nel massimo campionato italiano, bensì in quelli di Portogallo, Spagna e Belgio! Questo dicono i numeri, che abbiamo già snocciolato in un altro servizio.
Insomma, una riforma senza senso che non solo, dati alla mano, fa capire che non ha convinto lo stesso Ct, ma ne ha chiaramente indirizzato (al contrario di quanto si proponeva di fare) le scelte a livello di garanzie. Sulla cui natura tecnica e tattica, ripetiamo, non vogliamo metter becco, anche se qualche ragionevole perplessità l’hanno comunque sollevata. Ma non è questo il motivo del discutere, anche perchè è del tutto inutile, oggi, piangere sul latte versato: d’altronde, sull’epilogo delle gare con Slovenia e Spagna e l’eliminazione degli Azzurri - la seconda consecutiva - dal Mondiale ne abbiamo già trattato a lungo nei giorni scorsi, esprimendo con chiarezza la nostra posizione.
Ora l’attenzione va obbligatoriamente spostata sull’argomento chiave di questi ultimi due anni: l’inutilità della riforma alla luce degli effetti penalizzanti che ha prodotto sul futsal. Bisogna invertire una tendenza che oggi ha chiaramente ridimensionato la competitività della nostra disciplina, sul fronte interno ma soprattutto su quello internazionale: non esiste un progetto concreto che possa sostenerla e ridare credibilità a un movimento che sta realmente tornando indietro sul piano qualitativo almeno di un quarto di secolo; non esistono proposte per una vera e congeniale ristrutturazione dei campionati, per rendere formativa l'attività giovanile incrementando la performabilità del campionato di punta (l'Under 19, sic!); non esistono sistemi per la formazione di tecnici con la specifica abilitazione all’insegnamento del futsal; non esiste neanche la parvenza di un’idea di parallelismo con il calcio, come strumento propedeutico che trova spunto sulle piattaforme dell’attività di base adottate nei paesi calcisticamente progrediti, come Brasile o Argentina, oppure Spagna e Portogallo, modelli più limitrofi a noi; e l'unico programma che permette l'individuazione di giovani sui quali lavorare in prospettiva (il Futsal +17) è coordinato dal Settore Giovanile e Scolastico.
Le riforme si fanno partendo dalla base, costruendo cioè una base forte con un progetto solido che abbia i propri capisaldi nell’organizzazione dell’attività giovanile (e non certo nell’apertura agli amatori) non solo in correlazione col calcio, ma impostando sul futsal quello che deve essere il percorso di crescita di un bambino, che poi diventa ragazzo e quindi un calciatore di futsal, in grado di poter giocare un giorno ai massimi livelli. E gli esempi in campo internazionale, come detto, ce ne sono. In termini spicci, come poter riuscire a costruire l’altezza, parafrasando un’affermazione molto in voga a livello istituzionale, se non si struttura come si deve la base?
Basta con questa storia della riforma panacea dei problemi del calcio a 5: la base del “nostro futsal” l’hanno fatta i grandi risultati ottenuti a livello internazionale di qualche anno fa. Cerchiamo di recuperare quella di base. E poi pensiamo concretamente a come riportare in alto il nostro movimento.
cas.